
di Maristella Zizza
Cosa accadde al giovane Isaac Newton quando nel 1665 in Inghilterra scoppiò la peste e l’Università di Cambridge che frequentava venne chiusa e fu costretto a tornare a vivere in campagna? Sfruttò questa opportunità per dedicarsi allo studio della matematica e della filosofia scoprendo così il calcolo infinitesimale e la celeberrima legge del moto e della gravitazione universale. Quando la peste passò e Cambridge riaprì le aule, Newton fu nominato professore e il mondo era un po’ migliorato. C’è una forte analogia tra questa storia, l’emergenza che stiamo vivendo e la rivoluzione più grande ad essa connessa che riguarda il mondo del lavoro.
Nell’approfondimento in corso, affronteremo da diversi punti di vista le implicazioni del lavoro da casa per il contenimento della pandemia e le prospettive del lavoro agile. Tracceremo l’evoluzione del lavoro agile (partendo dal telelavoro) per prepararci alla fase 2 (P. Di Santo), rifletteremo su miti e assunti sul tema (D. Zingarelli), immagineremo la formazione necessaria per prepararci al lavoro del futuro (MP Napoleone) per tracciare, infine, la strada verso la nuova Organizzazione Pubblica (L. Battistoni).
Già anticipata con la Riforma Madia (L.124/2015) con l’obiettivo di un miglioramento del work-life balance dei lavoratori e della produttività/qualità del lavoro, e passando per la legge 81/2017, siamo arrivati, a seguito delle misure adottate per far fronte all’emergenza sanitaria, all’art. 87 del decreto “Cura Italia”, che contempla il lavoro agile come unica soluzione possibile per lavorare da casa (si rinvia alla prima parte dell'approfondimento, già presente sul sito www.AmministrazioneAgile.it). Il decreto, per far fronte all’emergenza del momento, indica la strategia che dovrà essere eseguita dalle aziende private e dalla PA per agevolare il passaggio al lavoro agile, attraverso gli strumenti tecnologici necessari ad abilitare la remotizzazione delle postazioni di lavoro: sistemi di virtualizzazione della postazione di lavoro in sicurezza, accesso cloud per la condivisione dei dati e sistemi per la videoconferenza al fine di creare una user experience del tutto simile a quella vissuta in ufficio.
Certo in questa fase più che di lavoro agile si dovrebbe parlare di lavoro da casa, ma superata l’emergenza quest’ultimo sarà soppiantato dal primo che diventerà la nuova possibile modalità di lavoro nella maggior parte delle realtà professionali e nella PA (si rimanda in questa sede al contributo di Patrizia Di Santo).
L'Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano evidenzia che i lavoratori in modalità agile sarebbero già circa 8 milioni, contro i 570 mila rilevati nell'ultimo rapporto completo sull'Italia, pubblicato alla fine del 2019. Più precisamente, dai dati pubblicati nell’ultimo monitoraggio del Dipartimento della Funzione Pubblica, emerge che il 69,2% dei dipendenti delle Regioni lavora al momento in modalità di lavoro agile. Tralasciando le proiezioni Regione per Regione, si nota come la PA abbia fatto del detto “di necessità virtù” il suo motto, dimostrando come in poco tempo si può passare da una fase di sperimentazione ad una fase di ordinarietà.
Elasticità e resilienza al cambiamento questo rappresenta il principale punto di forza che ha traghettato la pubblica amministrazione verso uno smart working possibile.
Ma quali sono le maggiori difficoltà incontrate?
I focus condotti con le PA di progetto hanno evidenziato come consentire ai dipendenti di lavorare da casa sia stato più immediato e semplice per chi aveva già una buona esperienza di lavoro agile. Maggiori difficoltà ha incontrato chi già prima, in fase di sperimentazione, era scettico o denunciava problemi soprattutto nella digitalizzazione dei processi operativi.
Disservizi di rete dovuti al sovraccarico che ha causato rallentamenti nel lavoro, difficoltà di comunicazione e perdita della concentrazione, il rischio di imbattersi in virus e rasomware e perciò cybersecurity sono gli ostacoli più frequenti che molti smart worker hanno dovuto superare. Per non parlare del digital divide: se un’ottima percentuale di lavoratori si connette da casa, solo un terzo della popolazione ha una dotazione di banda che garantisce di non avere problemi a lavorare. Inoltre è da tempo evidente un ritardo preoccupante di alfabetizzazione digitale o di cultura di rete, come denuncia un approfondimento del Sole 24 ore*. Vedremo, tuttavia, come, per alcuni, è il lavoro agile che porta gioco forza all’alfabetizzazione digitale delle lavoratrici e dei lavoratori (P. Di Santo).
In fondo è quello che afferma Domenico De Masi: nella sua pubblicazione “Lo Stato Necessario”** il sociologo analizza lo stato della PA e proietta la sua previsione per i prossimi dieci anni. Emerge una visione scettica del progresso della PA dovuta alla forte burocratizzazione della stessa. Fa una critica intransigente dell’apparato statale accusato di “lentezza, familismo e resistenza ai cambiamenti”. Come può quindi l’amministrazione pubblica contribuire al cambiamento e rendere il Paese più produttivo? Allarmanti i dati riportati dal Sole 24 Ore*: I principali ostacoli rilevati riguardano la percezione che il lavoro agile non sia applicabile alla propria realtà (43%), la mancanza di consapevolezza dei benefici ottenibili (27%) e la presenza di attività poco digitalizzate, vincolata all'utilizzo di documenti cartacei e alla tecnologia inadeguata (21%).
Tuttavia, questa esperienza così estrema di lavoro da casa sta dimostrando anche a chi era inizialmente scettico che è possibile svolgere da remoto lavori che si pensava potessero essere svolti solo in ufficio, come ad esempio sia anche possibile relazionarsi con i colleghi attraverso canali digitali riuscendo così a risolvere altre emergenze proprie del nostro tempo: l’inquinamento, il traffico, la formazione scolastica, le diagnosi sanitarie.
Certamente, non va sottovalutato il senso di disorientamento, isolamento e indebolimento dell’identità lavorativa di alcuni soggetti che potrebbe mettere in discussione modelli di convivenza e appartenenza sociali e familiari (a tal proposito si rimanda al contributo di Delia Zingarelli).
La sperimentazione del lavoro agile su larga scala assume, pertanto, una funzione importante di scardinamento delle mentalità e delle abitudini esistenti. Per potere agire in questo senso bisogna tenere conto che il lavoro agile sottende una modalità emergente di organizzazione del lavoro fondata sulla responsabilizzazione delle persone e dei gruppi, su processi di open leadership, sull’engagement e la collaborazione. Ed è a questo punto che risulta fondamentale la figura del dirigente quale elemento chiave di questo passaggio epocale, come descritto in questa sede nel contributo di Lea Battistoni. È fondamentale svecchiare certi paradigmi mentali che puntano più al controllo del lavoro in termini di tempo speso piuttosto che di risultati raggiunti, per giungere così ad una gestione delle risorse più motivante e matura.
Tuttavia, il processo di cambiamento verso il lavoro agile va preparato, guidato ed indirizzato, come affrontato in dettaglio nei contributi di Lea Battistoni e Maria Paola Napoleone.
Come ricorda Domenico De Masi, nel secolo scorso e precisamente nel 1979 l’allora Ministro per la Funzione Pubblica, Massimo Severo Giannini, provocatoriamente affermò: “Le amministrazioni statali che hanno saputo adeguarsi al rapido mutamento hanno retto; le altre no, e tra queste è la nostra”.
Dobbiamo tutti adeguarci non solo per sopravvivere ma per programmare un nuovo modello di sviluppo.