
di Francesco Bianco
L’esame del quadro normativo di riferimento consente di definire “agile” anche la stessa specifica norma sullo smart working (L. 81/2017), del resto non poteva essere altrimenti, considerato che la disposizione normativa lascia all’Amministrazione e ai lavoratori ampia libertà di declinare i principi ispiratori e fondanti della particolare modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, potendo definire e concordare, per esempio, i tempi, la disconnessione e la modalità di controllo, tramite la formalizzazione di un accordo tra le parti che, quindi, costituisce, tra gli altri, come si vedrà in seguito, uno dei documenti necessari ed indispensabile per avviare lo smart working.
Infatti, normalmente, per la sua attivazione è necessario che le Amministrazioni provvedano a:
- dotarsi di specifico regolamento;
- attivare le relazioni sindacali;
- formalizzare un accordo con i lavoratori, dopo aver stilato un progetto;
- predisporre e consegnare ai lavoratori una informativa sui rischi specifici per la salute e la sicurezza;
- imporre il rispetto delle disposizioni in materia di privacy e sicurezza dei dati;
- definire le forme di monitoraggio;
- indicare le disposizioni relative al recesso ovvero ad eventuali proroghe;
- provvedere alle dovute comunicazioni da formalizzare presso i Centri per l’impiego.
Pertanto, nel ventaglio degli adempimenti sopra elencati, il regolamento, il progetto, l’accordo e l’informativa costituiscono i principali documenti che le Amministrazioni devono predisporre per avviare la modalità agile di lavoro.
Ebbene, l’emergenza epidemiologica causata dal COVID-19 ha sostanzialmente imposto il massiccio ricorso allo smart working e, appare logico pensare, anche e soprattutto per la sua agile struttura normativa che, certamente, ha rappresentato un vantaggio non trascurabile affinchè se ne potesse fare un largo impiego in tempi stretti, se non addirittura strettissimi.
Ad ogni modo, è stato inevitabile procedere ad una netta semplificazione, in deroga alla normativa di riferimento.
Invero, il DPCM del 8 marzo 2020, all’art. 2 (Misure per il contrasto e il contenimento sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19), in continuità rispetto a quanto aveva già previsto il primo “decreto di urgenza” del 23/02/2020, previsto limitatamente per la sola “zona rossa” inizialmente individuata, ha disposto alla lettera r) che lo smart working è applicabile in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalla legge 81/2015, anche in assenza di accordi individuali, fermo restando gli obblighi di informativa sulla sicurezza di cui all’art. 22 della predetta legge, da assolvere però in via telematica.
Appare del tutto condivisibile la scelta, tenuto conto, per un verso, della necessità di avviare lo smart working in tempi strettissimi fermo restando, però, l’obbligo in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, per i quali un’eventuale deroga sarebbe andata evidentemente a stridere con lo spirito stesso del decreto, chiaramente dettato per salvaguardare la salute dei lavoratori, seppure dal rischio di contagio dal virus.
Resta fermo, quindi, l’obbligo di fornire agli smart workers l’informativa sui rischi per la salute e la sicurezza strettamente connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa in forma agile.
Un documento che, normalmente, può considerarsi esaustivo ed esauriente quando contiene delle specifiche previsioni sulle diverse tipologie di rischio nei possibili ambienti di lavoro, outdoor e indoor, dove l’attività lavorativa può essere svolta.
E’ evidente che, con l’emergenza sanitaria e, pertanto, sostanziandosi necessariamente lo smart working in home working, il contenuto dell’informativa, di cui all’art. 22 della legge 81/2015, dovrà presumibilmente ridursi a quelli che sono i rischi legati al lavoro presso le private abitazioni, quindi, non dissimili dai rischi legati al telelavoro.
Dunque, di fatto, anche il predetto adempimento deve considerarsi del tutto snellito, poiché svuotato di quei contenuti che, inevitabilmente, deve invece avere, tenuto conto che lo smart working non può normalmente limitarsi al lavoro a casa.
Inoltre, è opportuno precisare che anche il mero adempimento formale della consegna dell’informativa è stato semplificato, tenuto conto che può essere assolto in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL.
Resta il fatto che le Amministrazioni devono rispettare i principi dettati dalla legge 81/2015 e, pertanto, è necessario che adottino le soluzioni più opportune per disciplinare, ad esempio, i tempi di disconnessione, il controllo sull’operato dei lavoratori; così come è altrettanto necessario, evidentemente, imporre e controllare le disposizioni normative in materia di privacy e sicurezza dei dati.
Inoltre, così come disposto dalla Circolare 1 del 25 febbraio 2020 del Dipartimento della Funzione pubblica, le Amministrazioni dovranno comunicare tempestivamente le misure adottate al Dipartimento, a mezzo PEC (protocollo_dfp@mailbox.governo.it), anche al fine di consentire le attività di monitoraggio.