Unione Europea fondo sociale
Agenzia Coesione Territoriale
Dipartimento Funzione Pubblica
Dipartimento Pari Opportunità
PON
Password dimenticata?  Recuperala

Lo smart working come modalità ordinaria di lavoro nella pubblica amministrazione. Prospettive evolutive

di Rosita Zucaro

“Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche” recita la rubrica dell’art. 14 della legge n. 124/2015, una disposizione che dava avvio alla sperimentazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali. L’adozione delle predette misure organizzative e il raggiungimento degli obiettivi posti dalla norma divengono inoltre oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della performance organizzativa e individuale all’interno delle pubbliche amministrazioni (per una consultazione dei testi normativi si rinvia in questa sede al contributo di T. D’Apolito).

Un’innovazione raggiunta a rilento, se si considera che alla fine del 2018, gli smart workers erano ancora sotto il 10%, e che solo lo scorso anno vi è stato un aumento significativo. Infatti gli ultimi dati riportano che nel 2019 il 16% della popolazione lavorativa della PA è smart worker (si vedano i dati dell’Osservatorio del Politecnico di Milano)

La situazione emergenziale esplosa in Italia, alla fine di febbraio 2020, ha determinato però un cambio di passo importante su un duplice versante. Innanzitutto il dato empirico, che ha visto l’aumento necessitato della diffusione della modalità agile, in home working, incentivato a livello legislativo attraverso la procedura semplificata introdotta a partire dal D.L. del 23 febbraio 2020 n. 3 (per un dettaglio sulla procedura semplificata si rinvia in questa sede i contributi di F. Bianco e C. Cingolani). Sono così stati apparentemente superati gli ostacoli che le pubbliche amministrazioni hanno frapposto sinora alla diffusione dello smart working, quali la percezione che non fosse applicabile alla propria realtà, una scarsa conoscenza dello stesso e delle relative potenzialità, la presenza di attività poco digitalizzate, o una tecnologia inadeguata. All’aumento della diffusione dello strumento, in deroga alla disciplina ordinaria di cui alla l. n. 81/2017, il Legislatore ha voluto segnare un confine netto con il passato, formalizzando la conclusione della sperimentazione con l’art. 18, comma 5, del D. L. n. 9/2020. La successiva Direttiva della Funzione Pubblica n. 2/2020 ha poi segnato nettamente lo spartiacque con il passato, prevedendo che le pubbliche amministrazioni assicurino il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa, con la conseguenza che la misura opera a regime. Nel medesimo atto direzionale viene quindi evidenziato che è necessario un ripensamento da parte delle pubbliche amministrazioni in merito alle attività che possono essere oggetto di smart working, con l’obiettivo prioritario che vengano incluse anche quelle inizialmente non ritenute idonee, ed in virtù di ciò, escluse. Pertanto le amministrazioni, in ossequio all’agevole quadro normativo dettato per il contenimento dell’emergenza COVID-19, introducono in modo semplificato il lavoro agile con riferimento al personale complessivamente inteso, senza distinzione di categoria, inquadramento e tipologia di rapporto di lavoro. L’indicazione espressa del Legislatore è che la presenza fisica negli uffici sia limitata esclusivamente ai casi in cui sia indispensabile, e avvenga attraverso forme di rotazione dei dipendenti volte a garantire, con un contingente minimo, il presidio di ciascun ufficio, assicurando in questo senso in via prioritaria la presenza del personale dirigente, in quanto avente il ruolo di coordinamento. Nella direttiva si precisa inoltre che a fronte dell’indisponibilità, o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, è il dipendente che si rende disponibile a utilizzare i propri dispositivi, garantendo in ogni caso adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete, secondo esigenze e modalità definite dalle singole amministrazioni. Peraltro il lavoro agile, a prescindere da quanto disposto dai decreti emanati in questo periodo emergenziale, può essere attivato anche se gli strumenti e le attrezzature sono propri degli smart workers, già in virtù del quadro normativo ordinario.  

Il Legislatore ha poi recepito le linee di indirizzo della Funzione Pubblica in quello che si potrebbe definire al momento il T.U. delle misure di contenimento dell’emergenza da COVID-19, il D.L. del 17 marzo 2020, n. 18, comunemente noto come “Cura Italia”. All’art. 87 si legge che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemologica da COVID-19, ovvero fino ad una data antecedente, stabilita con DPCM su proposta del Ministro per la Pubblica Amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni, che prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23, ma ovviamente non vi è deroga in termini di tutela della salute e sicurezza, per cui l’amministrazione è tenuta a fornire ai dipendenti un’adeguata informazione in merito. Al comma 2, l’art. 87 prosegue ricordando che la prestazione lavorativa può essere svolta anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità della/del dipendente, e precisando che in tali casi non trova applicazione l’art. 18, comma 2, della legge n. 81/2017, ossia l’amministrazione non è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli stessi, in quanto appunto propri dei lavoratori agili. L’art. 87 del Cura Italia rappresenta quindi la norma cardine <<attraverso la quale il Legislatore, in un’ottica di sistema, ha inteso regolare la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici e costituisce la cornice nella quale devono essere iscritte le ulteriori disposizioni>>, come si legge nella circolare della Funzione Pubblica n. 2 del 2 aprile 2020. In coerenza con il già citato art. 87 va letta anche un’altra norma di estrema rilevanza per il lavoro ai tempi di COVID-19, l’art. 39 il quale dispone fino al 30 aprile 2020 che le/i dipendenti con disabilità grave, o che abbiano nel proprio nucleo familiare un disabile grave, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. 

Il Legislatore sembra inoltre ulteriormente tracciare il quadro di una vera e propria incentivazione del lavoro agile quando all’art. 75 del D. L. n. 18/2020 chiaramente indica per questa fase una rimodulazione dei rapporti tra Pubblica Amministrazione e fornitori di servizi tecnologici, evidenziando che le Amministrazioni sono autorizzate, fino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici, preferibilmente basati sul modello cloud SaaS (Software as a Service), mediante la semplice procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, selezionando l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, tra i quali deve necessariamente figurare una «start-up innovativa» o un «piccola e media impresa innovativa». 

Questo percorso accelerato e semplificato qui brevemente descritto è connesso all’emergenza, ma quando la stessa avrà termine, non solo non si potrà, ma non si vorrà più tornare indietro, e il Legislatore sembra esserne già in parte consapevole.