
La PA italiana reagisce e mette in campo una gigantesca trasformazione organizzativa nell'arco di poche settimane.
I primi dati comunicati dal Ministero della Funzione Pubblica relativi al monitoraggio sullo smart working, descrivono bene questa nuova realtà, da questi si evince infatti che, includendo anche i telelavoristi, in media il 69,2% dei lavoratori e delle lavoratrici della Regioni e delle Province Autonome sta svolgendo la propria prestazione a distanza, e segnatamente da casa.
La Ministra Fabiana Dadone li ha definiti "numeri ancora in divenire e tuttavia molto incoraggianti, perché danno conto dell'enorme sforzo profuso dalla macchina dello Stato per rispondere alle sfide imposte dall'emergenza sanitaria, costruendo al tempo stesso la Pa che avremo nel futuro".
E' il Lazio la regione capofila con 4340 dipendenti pari al 96,6% del totale. Segue la Lombardia con l'88.7% del personale in smartworking e ancora l'Emilia Romagna con il 78,8% e 3420 dipendenti, la Sardegna con il 78,1% e 2005 lavoratori agili e la Liguria con 74,1%. Anche il Piemonte (68,2%) e la Calabria (68,1%) registrano percentuali molto alte, seguite dalle Marche con il 63,2% e 1314 impiegati e dall'Umbria con il 61,5% e 680 dipendenti. Sono poi tre le Regioni con poco più della metà del personale coinvolto, e nel dettaglio il Friuli Venezia Giulia con il 55,7%, la Valle d'Aosta con il 54,3%, il Veneto con il 51,9% . Infine solo due regioni, la Puglia (41,5%) e la Basilicata (48,9%) fanno registrare dati che scendono leggermente sotto il 50% del personale.
(Consulta la tabella completa sul sito del Ministero della Funzione Pubblica)
Un quadro positivo, che registra comunque anche i differenti approcci di ogni Pubblica Amministrazione all'applicazione delle norme: alcune Pa hanno infatti scelto la strada di permettere alla quasi totalità dei lavoratori e delle lavoratrici di operare in modalità agile, fatta salva la necessaria autorizzazione del dirigente o del responsabile di servizio, senza vincoli, anche con i dispositivi informatici di proprietà, e altre invece hanno costruito criteri di selezione del personale tra il quale quindi solo una parte può richiedere il lavoro agile.
Questo quadro emerge sopratutto mettendo sotto la lente di ingrandimento la situazione nei Comuni, anch'essi impegnati a rispondere alla sfida di non fermare i servizi pubblici e le funzioni interne, e contemporaneamente tenere quanto più possibile il proprio personale a casa: secondo una prima ricognizione tra le PA coinvolte nel progetto "Lavoro Agile per il Futuro della PA" alcuni hanno esteso il lavoro agile in modo illimitato a tutti i dipendenti, altri hanno individuato procedure di urgenza, altri ancora hanno esteso il lavoro agile così come lo stavano sperimentando ad un numero superiore di lavoratori e lavoratrici, altri hanno previsto la possibilità per i dirigenti di disporre un rientro in sede tra ile 5 giornata di lavoro agile settimanale.
Si tratta in sostanza di un grande work-in-progress i cui esiti potremmo valutare con maggiore attenzione soltanto tra qualche tempo, quando la maggior parte delle Pa avrà anche affrontato il tema di ristrutturare la maggior parte dei servizi al cittadino in modo da renderli fruibili anche online a distanza. Nel frattempo ci sono assistenti sociali che seguono i propri assistiti al telefono invece che di persona, ci sono uffici che sfruttano le comunicazioni telematiche per venire incontro alle esigenze degli utenti e ci sono persino biblioteche, come quelle di Roma, che chiuse le porte materiali hanno trovato il modo di spalancare quelle virtuali e dal 23 marzo hanno reso libero per tutti i cittadini l’accesso a 7.079 ebook, 7.100 periodici di 90 Paesi in 40 lingue diverse, 77.233 registrazioni musicali, 127 audiolibri, 93 banche dati e collezioni digitali, tra cui quotidiani e riviste di larga diffusione.
La Pa non si ferma e si reiventa. Oggi più che mai "Più agile, meglio per tutti".