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Prime tutele della disconnessione nella Pubblica Amministrazione

Di Rosita Zucaro*

L’evoluzione tecnologica sta determinando cambiamenti irreversibili nel mondo del lavoro. Le innovazioni nell’informatica e nelle telecomunicazioni non solo sono in grado di favorire produttività ed efficienza, ma anche di migliorare la conciliazione vita-lavoro. Tuttavia è indispensabile che vengano ben indirizzate, in quanto sono anche in grado di comportare l’always on, ossia che il lavoratore o la lavoratrice siano potenzialmente sempre connessi.

In questo quadro si è affermata una nuova esigenza: la tutela della disconnessione, ossia il consentire ai dipendenti di interrompere i contatti, senza che ciò determini ripercussioni sul piano retributivo e/o incida sul corretto adempimento della prestazione lavorativa, dando luogo a sanzioni disciplinari. Con la legge sul lavoro agile (la l. n. 81/2017) la disconnessione diviene un istituto regolamentato. Infatti l’art. 19, comma primo, dispone che l’accordo sullo smart working debba anche contenere «le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro». Una norma alquanto “vuota” in termini di concrete modalità di tutela, che per quanto attiene al pubblico impiego possono però essere tratte dalle esperienze presenti nel progetto Lavoro agile per il futuro della PA del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Un primo elemento che occorre sottolineare è che ad oggi una regolamentazione più puntuale in materia di disconnessione non sembra costituire la regola, atteso che esistono anche casi, soprattutto tra le primissime sperimentazioni, in cui un riferimento specifico alla stessa è generalmente assente.

La maggior parte delle amministrazioni (tra queste si citano a titolo di esempio Ministero dell’Interno; Ministero dello Sviluppo Economico; Consiglio Regionale della Puglia, Città Metropolitana di Roma Capitale,  Comune di Macerata e Comune di Cagliari) inseriscono una dicitura che con poche variazioni garantisce allo smart worker il rispetto dei tempi di riposo, nonché il diritto di disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche, e vengono previste poi delle fasce di reperibilità, o più di frequente di contattabilità. Ad avviso di chi scrive sembra emergere nel quadro pubblico una tendenza a ritenere sufficiente, ai fini del soddisfacimento dell’obbligo di tutela, la previsione di fasce nell’ambito delle quali essere prontamente contattabili, unitamente a una mera dichiarazione di intenti. 

Tra i casi che prevedono una regolamentazione più puntuale della disconnessione, vi è quanto previsto dal Regolamento del Comune di Reggio Calabria, , e in quello del Comune di Napoli, , nei quali all’art. 8 si legge che: «l’Amministrazione adotta le misure tecniche e organizzative necessarie per garantire il diritto alla disconnessione del lavoratore agile dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. L’amministrazione riconosce il diritto del lavoratore agile di non leggere e non rispondere a email, telefonate o messaggi lavorativi e di non telefonare, di non inviare e-mail e messaggi di qualsiasi tipo inerenti all’attività lavorativa nel periodo di disconnessione di cui alla lett. b)»; e per la concreta operatività di quanto disposto vengono adottate le seguenti prescrizioni: « - il “diritto alla disconnessione” si applica in senso verticale bidirezionale (verso i propri responsabili e viceversa), oltre che in senso orizzontale, cioè anche tra colleghi; - il “diritto alla disconnessione” si applica dalle ore 20.00 alle 7.00 del mattino seguente, dal lunedì al venerdì, salvo casi di comprovata urgenza o per reperibilità (p.e. per autisti), nonché dell’intera giornata di sabato, di domenica e di altri giorni festivi (tranne per i casi di attività istituzionale)». Nel citato regolamento del Comune di Reggio Calabria, la tutela della più insidiosa “disconnessione intellettuale” sembra essere garantita attraverso una probabile formazione specifica sui rischi da iper-connessione, volta a condurre a un uso ragionevole delle tecnologie ICT, in quanto all’art. 18 si legge che: «al fine di supportare adeguatamente l’innovazione, l’Amministrazione provvede a organizzare iniziative di informazione e formazione nei confronti di tutto il personale». Il Comune di Napoli prevede invece di attivare “analisi statistiche per monitorare l’effettivo rispetto” dell’affermando diritto alla disconnessione.

Le fasce orarie sono indicate anche dal Comune di Bari, dal Comune di Catania e dalla Regione Campania; in particolare il regolamento di quest’ultima precisa che il diritto alla disconnessione del lavoratore è stabilito a tutela della sua salute psico-fisica, della sua efficienza e produttività, e della conciliazione delle esigenze e dei tempi di vita, di riposo e di lavoro, e aggiunge, inoltre, indicazioni circa le modalità con cui segnalare attraverso Skype for business il proprio stato di connesso/non connesso.

Questa breve panoramica di quanto si sta verificando nel pubblico in materia di diritto alla disconnessione è comunque indicativa nel mostrare un’amministrazione in cammino sulla strada della innovazione tecnologica e delle modalità nuove di lavoro ad essa connesse.

 

*Rosita Zuccaro è avvocata esperta in work-life balance e smart working e consulente senior nel progetto “Il lavoro agile per il futuro della PA”, Coordinatrice di didattica del Master MAWE – Management del welfare Università Ca’ Foscari Venezia, Phd in formazione della persona e del mercato del lavoro

** Per un approfondimento si rinvia a R. Zucaro, La disconnessione tra interesse collettivo e diritto. Possibili profili di tutela, in Lab. Law. Iss., 2019, v.5, n. 2, p. 214-233.