
di Lea Battistoni
La Pubblica Amministrazione: un sistema organizzativo in movimento
L’analisi delle organizzazioni pubbliche ha storia antica: è infatti del 1922 il testo “Economia e Società” di Max Weber, che di fatto dà origine alle analisi sociologiche della teoria organizzativa con focus sul sistema burocratico; una branca di studi certamente ricca di analisi condotte da discipline diverse: sociologiche, economiche, amministrative, storico-filosofiche, che hanno accompagnato (indirizzato) i mutamenti del sistema organizzativo anche e soprattutto del sistema di amministrazione pubblica.
Una struttura che ha subito profonde trasformazioni da quella originale monocratica-burocratica, fondata sul principio della conformità alla legge in cui l’apparato burocratico, basato sulla applicazione delle norme, aveva il suo centro propulsivo in un sistema di funzionariato, gerarchicamente organizzato, che esercitava la sua funzione (potere) in modo formalistico ed impersonale, ma a suo modo efficiente e competente.
Nel tempo, questo sistema chiuso con proprie regole e procedure definite si è aperto all’ambiente esterno, influenzandone i cambiamenti e venendo a sua volta influenzato ed è stato attraversato da molteplici processi innovativi quali: la specializzazione delle funzioni, dei ruoli, l’informatizzazione, lo sviluppo di un sistema interorganizzativo; il pubblico impiego è andato perdendo le caratteristiche di sistema a sé stante, rigidamente definito in procedure e processi regolamentati, per assumere le caratteristiche di un sistema aperto, permeabile (almeno in parte) ai mutamenti ed ai bisogni socio-economici del contesto esterno.
Le modalità organizzative e gestionali per attuare le politiche pubbliche assumono negli ultimi decenni le caratteristiche di flessibilità gestionale ed interrelazione con i bisogni socio-economici, a seguito anche del maggior ruolo e peso assunto dal sistema di welfare state.
Il Pubblico impiego, in Italia, ma non solo, è stato al centro di ricerche, indagini, proposte, interventi normativi, volti a modificarne e “modernizzarne” processi, procedure, professionalità, competenze e ruoli, in particolare quelli dirigenziali e a sperimentare nuove forme organizzative, in parte mediate dal sistema privato (dirigente datore di lavoro) ed introducendo strumenti di valutazione della produttività, della efficienza amministrativa.
Negli ultimi tempi, eroso almeno in parte il rigido principio gerarchico, l’organizzazione burocratica, ormai sistema complesso, si è aperta, soprattutto in alcune amministrazioni, a nuove modalità lavorative: lavoro di staff, gestione partecipata, flessibilità organizzativa, grazie alla diffusione, certo ancora non completa, di nuovi modelli manageriali fondati sulla programmazione, gestione per obiettivi, monitoraggio e verifica dei risultati, premialità, digitalizzazione del sistema.
Questi cambiamenti sono stati accelerati dalle riforme del pubblico impiego attuate in Italia nell’ultimo quarto di secolo (Bassanini,1997; Brunetta 2009; Madia 2015).
Il Lavoro Agile da sperimentazione a internalizzazione
La riforma Madia ha agito soprattutto sullo sviluppo di una nuova dirigenza pubblica, sulla semplificazione procedurale, sulla flessibilità organizzativa, su una estesa informatizzazione ed una cultura di governance strategicamente orientata.
In questo quadro di indirizzo normativo volto alla flessibilizzazione ed innovazione del sistema si inserisce, tramite la legge 81 del 2017, la sperimentazione del Lavoro Agile nelle Amministrazioni Pubbliche come nuovo strumento di flessibilità gestionale-organizzativa, d’innovazione manageriale, volto al benessere organizzativo e alle esigenze di vita e lavoro dei dipendenti, ma finalizzato, anche, al miglioramento della produttività e della performance dei suoi dipendenti.
La legge ne prevedeva una sperimentazione diffusa, cui partecipasse almeno il 10% del personale presente nelle diverse amministrazioni.
Al fine di diffondere capillarmente nelle diverse Amministrazioni Pubbliche e nella logica di aumentarne la capacità istituzionale il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri coordina il Progetto nazionale “Lavoro Agile per il futuro delle P.A.” finanziato dal PON Governance e Capacità Amministrativa 2014-2020, avvalendosi anche della struttura di Assistenza Tecnica che svolge attività di supporto al Dipartimento per le attività di consulenza normativa, formazione, monitoraggio, comunicazione alle PA che sperimentano Lavoro Agile, con l’obiettivo di diffondere la sperimentazione capillarmente nelle Pubbliche Amministrazioni.
La crisi sanitaria del Coronavirus interviene nella fase di attivazione della sperimentazione del Lavoro Agile da parte di numerose amministrazioni, imponendo a tutte le Pubbliche Amministrazioni, in tempi ridottissimi, l’adozione per tutti i dipendenti pubblici e gli uffici pubblici del Lavoro Agile.
In particolare, come descritto nella precedente newsletter che ha tracciato l’iter normativo che ha portato dalla sperimentazione alla ordinarietà il Lavoro Agile, la circolare del 4 marzo 2020 della Ministra Fabiana Dadone, potenziata dalla norma inserita nel decreto “Cura Italia” (decreto legge 17 marzo 2020 n.18) rende strutturale il Lavoro Agile; inoltre sostiene la necessità di incentivare la flessibilità lavorativa e di implementare i sistemi informativi delle pubbliche amministrazioni.
Le P.A. ed i loro dipendenti hanno dovuto, in pochi giorni, cambiare modalità lavorative, modalità relazionali, strumenti di lavoro, gestione dei tempi, programmazione e gestione delle diverse attività, lavorare per obiettivi e risultati, in un contesto lavorativo non scelto e per una durata indefinita (si veda su questo tema l’analisi di Patrizia di Santo, presente in questa newsletter).
Il Lavoro Agile, pur in una forma e una modalità anomala rispetto ai suoi contenuti originali sembra, secondo quanto rilevato da focus group e interviste qualitative condotte tra marzo ed aprile dal gruppo di Assistenza tecnica, essere stato adottato, abbastanza agevolmente, dalla maggior parte dei dipendenti/dirigenti, soprattutto quelli che avevano già sperimentato una esperienza di Lavoro Agile tra il 2019-2020, con limitate difficoltà e resistenze (per un approfondimento si veda quanto trattato da Delia Zingarelli in questa newsletter).
In generale si registra un apprezzamento per questa modalità lavorativa e si registra un livello di soddisfazione, relativamente alla produttività realizzata, alla autonomia lavorativa ed anche alla nuova modalità di relazione, che grazie ai sistemi informativi questa organizzazione sembra produrre. Uno stress test che, pur se non programmato, sembra aver prodotto più risultati positivi che negativi.
La nuova Organizzazione Pubblica
È, dunque, in corso un cambiamento che ha imposto di fatto un nuovo modello lavorativo e forse anche un cambiamento nella stessa cultura del lavoro di manager, dipendenti, organizzazione pubblica e organizzazione familiare.
Occorre dunque, già in questa fase, pensare e programmare le attività lavorative e l’organizzazione nel suo complesso che dovranno essere rese operative, nel futuro prossimo, quando l’emergenza sanitaria sarà terminata.
Una programmazione da temporizzare in due momenti: una prima fase in cui solo alcune attività potranno essere nuovamente svolte in sede, e la maggior parte del personale (a rotazione?) continuerà a lavorare da casa, ed una fase, quando l’emergenza sarà alle nostre spalle, nella quale tutto il personale potrà riprendere le “normali attività”.
È difficile pensare che una complessa macchina organizzativa di circa otto milioni di persone che hanno sperimentato in questi mesi un modo nuovo di lavorare, di gestire tempi e processi di lavoro, di utilizzare sistemi informativi, anche complessi, per svolgere le attività, analizzare documenti, fare ricerche, ed hanno sperimentato l’utilizzo di strumenti on line di partecipazione di gruppo alle attività di lavoro, hanno avuto e preso nuovi spazi di autonomia professionale, hanno capitalizzato nuove e informali competenze, possa tornare al modello lavorativo del passato.
D’altra parte, le stesse amministrazioni hanno di fatto “appreso” da questa crisi la possibilità/opportunità di poter utilizzare modelli organizzativi diversi rispetto al passato e nuove modalità di programmazione, di gestione e di valutazione delle policies e hanno in parte sperimentato la necessità di programmare attività, funzioni, priorità amministrative, servizi, in funzione di nuovi bisogni socio-economici e di nuove priorità “politiche”.
Una esperienza come questa sembra, dunque, lasciare come eredità la necessità di:
- internalizzare la cultura organizzativa del Lavoro Agile;
- programmare e gestire e valutare l’impatto di nuovi servizi;
- progettare una nuova riforma del pubblico impiego, che abbia alla sua base un’organizzazione snella, interorganizzativa ed interprofessionale, che valorizzi l’autonomia, la decisionalità e l’accrescimento delle competenze.
Una organizzazione aperta, che sappia sviluppare una concertazione sociale in funzione dei bisogni dei cittadini e del territorio, che sia diretta da manager esperti, in grado di guidare e sostenere il proprio staff al raggiungimento degli obiettivi, attraverso forme di autonomia, condivisione valorizzazione delle competenze, come in parte sperimentato in questi mesi.
Una organizzazione che, anche nella gestione della quotidianità e nella organizzazione degli spazi e dei tempi di lavoro, tragga lezioni dalle sperimentazioni (scelte o indotte) di Lavoro Agile.
Una struttura che utilizzi le opportunità offerte dai sistemi informativi in termini di programmazione, monitoraggio, valutazione, gestione dei servizi amministrativi alle persone e alle aziende, di gestione finanziaria, ma anche di comunicazione interna ed esterna, di relazioni professionali.
Una delle leve centrali di cambiamento dovrà essere quella formativa di breve e lungo periodo (si rimanda al contributo di Maria Paola Napoleone).
Questa Amministrazione Pubblica deve ripartire, avviando, oltre ad una azione di informatizzazione estesa del sistema e prevedendo anche a funzioni di interazione ed intercambio con le altre Amministrazione, anche una programmazione formativa diversificata, partendo da una formazione massiva per dipendenti e manager sulle competenze per l’utilizzo dei sistemi informativi, passando anche per competenze di comunicazione multimediale.
A questa formazione di base va aggiunta una formazione professionale per dipendenti e dirigenti. Per i primi si tratta, a tempi brevi, di sviluppare competenze in materia di programmazione per obiettivi, valutazione dei risultati, capacità di lavorare on line per gruppi, gestione dei tempi; per i secondi occorrerà attivare una formazione per le nuove modalità di programmazione inter ed intra-amministrativa, per la valutazione il coordinamento, il controllo, la gestione di staff, la condivisione, partendo da una conoscenza delle strumentazioni di analisi e di progettazione di nuovi bisogni e servizi.
A livello manageriale, inoltre, occorrerà rafforzare sia le competenze di valutazione di impatto multidimensionale sulle persone, sull’ambiente, sui diversi settori produttivi sia quelle relative alla capacità di gestione delle interdipendenza, delle politiche, programmate ed attuate e, infine soprattutto quelle finalizzate alla gestione dell’imprevisto.
La recente pandemia ha infatti, lasciato come eredità la rivalutazione delle competenze esperte, capaci di intercettare e mettere a sistema segnali anche deboli e di attuare interventi rapidi, efficienti e flessibili. “Bisogna avere il coraggio di una visione di lungo termine e di prendere decisioni risolute, audaci e lungimiranti, proprio nel momento in cui un problema comincia a diventare percepibile, ma prima che abbia raggiunto proporzioni incontrollabili “(Jared Diamond, Collasso ,2005).
Le influenze possibili sulla organizzazione della famiglia e del vivere sociale
Questa esperienza di “homeworking” vissuta nei primi mesi del 2020 potrebbe apportare cambiamenti anche in altra organizzazione che ha retto lo sviluppo del Lavoro Agile in questa fase di passaggio del nostro vivere socio-lavorativo: la famiglia.
Contenitore fisico, ma anche struttura organizzativa che ha sperimentato, nei mesi di quarantena, nuove forme di vita associativa, di utilizzo di media (funzionali alla formazione sia professionale che scolastica), di selezione delle informazioni, di ricerca di dati, all’utilizzo in modo selettivo di servizi e di modalità di accesso ai servizi (ecc), e di forme di solidarietà intergenerazionale e sociale.
In prospettiva la famiglia è, dunque, l’altro contenitore organizzativo, interconnesso con quello delle Amministrazioni pubbliche relativamente a scelte, servizi, interventi socio-economici e lavorativi che potrebbe far registrare cambiamenti non banali.
Le persone chiuse in casa hanno imparato o enfatizzato l’uso dell’online per acquistare cibo, servizi, per organizzare riunioni (di lavoro e non).
I social si sono rivelati strumenti di effettiva socializzazione; sono stati utilizzati servizi in modo più selettivo e finalizzato.
È stato rivalutato il tempo per sé, ma anche l’importanza della socialità e per certi versi della solidarietà.
È possibile, dunque, che questo periodo lasci, come eredità, anche la possibilità di sviluppo di una economia familiare nuova e di una vera e propria economia associativa, conseguente al periodo forzato di quarantena.
Questa esperienza potrebbe portare alla valorizzazione di nuovi bisogni soggettivi ed una attenzione ai bisogni sociali ed ai servizi sociali ,uniti a nuove richieste nei confronti della amministrazione pubblica che sommate con il desiderio di una partecipazione solidale porti allo sviluppo di una economia sociale e di usi sociali più compatibili con il sistema Terra, grazie forse anche ad una maggiore consapevolezza appresa che "le recenti epidemie… fanno parte di un quadro generale più vasto, creato dal genere umano. Dovremmo renderci conto che sono conseguenze di nostre azioni, non accidenti… dovremmo capire che alcune situazioni da noi generate sembrano praticamente inevitabili, ma altre sono ancora controllabili (David Quandam, Spillover, 2012)".